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Lettera dalla "Grande Guerra 1914-1918"

In un'epoca in cui i valori su cui l'uomo dovrebbe appoggiarsi per condurre una "vera" vita vanno sempre più declinando a favore della superficialità e del materialismo.
Con questo post "faceworldmondo" pubblica una lettera dal sapore "autentico" e non "retorico" nel quale si possono cogliere spunti e riflessioni sulla nostra vita di oggi e sul mondo moderno attuale.

Il contesto in cui è stata scritta la lettera è quello della Grande Guerra (1914-1918) e più in particolare, siamo verso la fine della prima guerra mondiale, nel corso delle battaglie del 1917 sulle Prealpi Vicentine che videro contrapporsi l'esercito Italiano a quello AustroUngarico.


Lunedì 18 Giugno 1917 - Monte Ortigara  ore 24.00

Il s.ten. Adolfo Ferrero del 3° alpini, nato a Torino il 3 Gennaio 1893, scrive alla famiglia prima di avviarsi al posto di combattimento:

 < Cari genitori, scrivo questo foglio nella speranza che non vi sia bisognodi farvelo pervenire. Non ne posso fare a meno. Il pericolo è grave, imminente. Avrei un rimorso se non dedicassi a voi questi istanti di libertà per darvi un ultimo saluto. Voi sapete che io odio la rettorica.....No, no, non è rettorica quello che sto facendo. Sento in me la vita che reclama la sua parte di sole; sento le mie ore contate, presagisco una morte gloriosa ma orrenda. Fra cinque ore vi sarà un inferno. Fremerà la terra, s'oscurerà il cielo, una densa caligine coprirà ogni cosa, e rombi e tuoni e boati suoneranno fra questi monti, cupi come le esplosioni che in questo istante medesimo sento in lontananza. Il cielo si è fatto nuvoloso; piove. Vorrei dirvi tante cose,.....tante.... ma voi ve l'immaginate. Vi amo. Via amo tutti tutti....Darei un tesoro per potervi rivedere. Ma non posso...il mio cieco destino non vuole. Penso, in queste ore di calma apparente, a te papà, a te Mamma, che occupate il primo posto nel mio cuore; a te, o Beppe, fanciullo innocente, a te, Adelina.... Che vi debbo dire? Mi manca la parola? Mi manca la parola: un cozzar d'idee, una ridda di lieti e tristi fantasmi, un presentimento atroce mi tolgono l'espressione...No, no, non è paura. Io non ho paura! Mi sento ora commosso, pensando a voi, a quanto lascio; ma so dimostrarmi forte dinanzi ai miei soldati, calmo e sorridente. Del resto anch'essi hanno un morale elevatissimo. Quando riceverete questo scritto , fattovi recapitare da un'anima buona, non piangete. Siate forti come avrò saputo esserlo io. Un figlio morto in guerra non è mai morto. Il mio nome resta scolpito nell'animo dei miei fratelli; il mio abito militare, la mia fidata pistola (se vi verrà recapitata), gelosamente conservati, siano a testimonianza della mia fine. E se per ventura mi sarò guadagnato una medaglia, resti quella a Giuseppe. O genitori, parlate, fra qualche anno quando saranno in grado di capirvi, ai miei fratellini, di me, morto a vent'anni per la Patria....Parlate loro di me; sforzatevi di risvegliare loro il ricordo di me.....Che è doloroso il pensiero di venir dimenticato da essi....>

Egli cadrà ucciso alcune ore più tardi e gli verrà conferita la medaglia d'argento al Valor Militare alla memoria.

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