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Il lato oscuro dei social network



Nel bene o nel male che sia, il mondo di oggi si sta sempre più digitalizzando e la diffusione dei social network sulla rete internet è ormai a livello globale.
Il sempre più frequente uso di siti come Facebook e Twitter (i più popolari) è ormai quotidianità per gran parte della popolazione mondiale.
E’ quasi certa l’esperienza per la maggior parte di noi di andare su Facebook per“curiosare”, magari anche banalmente, sui fatti e vicende del proprio collega di lavoro oppure di chiedere un’amicizia ad una persona mai conosciuta oppure ancora di ritrovare persone conosciute anni passati e quasi dimenticate.
Tanti di noi però si sono dimenticati di porsi questa domanda: e la nostra privacy dov’è finita? Forse più digitale diventa la nostra società, meno la gente cerca di apprezzare la propria privacy. Circa 4 miliardi di contenuti sono condivisi da oltre 800 milioni di utenti di Facebook e mentre la gran parte di questi contenuti rientrano nella “normalità” e sono innocui al pubblico di tutte le età è quasi ovvio che, vista l’enorme quantità di contenuti, vi sia una parte di essi che riguardi pornografia, pedofilia, violenza, razzismo.
Il tutto viene moderato e vagliato da società di outsourcing incaricate direttamente dai social network le quali molto spesso impiegano lavoratori sottopagati di paesi del terzo mondo per svolgere queste “delicate” mansioni di controllo.
Anche se questo esercito invisibile di moderatori riceve una formazione di base possiamo stare così tranquilli sul mantenimento della riservatezza delle nostre informazioni /attività che pubblichiamo sul web?
Il mese scorso un ragazzo ha rilasciato un'intervista a Gawker, un media outlet americano, nella quale racconta di aver trascorso tre settimane di lavoro in Marocco per una delle società di outsourcing utilizzate da un social network. Il suo lavoro, per il quale dichiarò di essere stato pagato circa un dollaro all’ora, riguardava la moderazione delle foto e messaggi contrassegnati come non idonei da altri utenti.
Il ragazzo ha inoltre detto "che quel lavoro è stato molto sconvolgente - a nessuno piace vedere uomini tagliati a pezzi ogni giorno”
Egli ha descritto le immagini di maltrattamento di animali, corpi massacrati e video di combattimenti. Altri moderatori, soprattutto giovani e persone ben istruite che lavorano in Asia, Africa e America Centrale, hanno storie simili. "La pedofilia, necrofilia, decapitazioni, suicidi, ecc", ha detto uno. "Ho lasciato perché io apprezzo la mia sanità mentale." Un altro lo paragonò a lavorare in una fogna. "Tutto il mondo scorre verso di te e devi pulirlo", ha detto.
Ovviamente non tutto il materiale inadatto è così in forma grafica. I social network gestiscono e prevedono un insieme di rigorose linee guida per portare a tutto quello che dovrebbe essere soppresso.
Quando qualcosa è segnalato da un utente, il moderatore seduto al suo computer, magari in qualche paese remoto dell’Africa o dell’Asia, ha tre opzioni: cancellare, ignorarlo, o, se necessario, relazionare alle autorità.
I moderatori sono le forza di polizia dei social network e portano loro credito per rendere il mondo più aperto e connesso rimuovendo le tracce del lato più oscuro della natura umana.
Si stima, per esempio, che Facebook indirettamente impiega tra i 800 e 1000 moderatori attraverso società di outsourcing.
Resta comunque per noi la preoccupazione che il processo di moderazione e controllo non risulti segretamente sufficiente. Ci sono deli organi di supervisione per queste “forze di polizia” spesso sottopagate? La risposta è che dovrebbero essere gli stessi social network a fare da supervisori ed effettuare tutte le verifiche sulle attività di moderazione.
I dubbi restano e forse, dopo aver sentito parlare di questo, qualche operai scontento della propria giornata dei lavoro o qualche neo mamma con il suo bebè in braccio ci penserà due volte prima di condividere le informazioni intime con i loro "amici" - solo per scoprire che due minuti più tardi è stato visto da un “moderatore”, persona insoddisfatta per un dollaro l'ora in un internet café di Casablanca.


TRA LE FONTI: www.telegraph.co.uk

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