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Il cristianesimo tra il IV e il V secolo d.c

Nel corso della sua storia Roma aveva dimostrato di possedere una grande capacità di tenere uniti popoli differenti per tradizione e cultura ma a partire dal III secolo, una profonda crisi interessò lo stato romano.
All'origine di questa crisi vi erano le ingenti spese per l'esercito e le sue campagne militari nonchè un'aumentata pressione fiscale che gravava sopratutto su cittadini più poveri.
Tra questi vi erano gli agricoltori che, non potendo più far fronte alle imposte di Roma, abbandonarono le loro terre, portando lo stato romano ad avere una minor disponibilità di terre da coltivare.
Le istituzioni di quel tempo non sembravano in grado di far fronte alla crisi sia economica ma anche politica; l'indisciplina militare così come le incursioni dei barbari rendevano sempre più difficile la gestione dell'impero.
Ciò portò all'instaurazione di una tetrarchia ovvero ad un decentramento dell'amministrazione statale: si ebbero due imperatori (Diocleziano in Oriente e Massimiano in Occidente) e due prefetti del pretorio (Galerio in Oriente e Costanzo in Occidente).
Seguì un periodo di lotte per la supremazia al termine del quale, nel 312, Costantino ne uscì vittorioso.
Imperatore Costantino
A Bisanzio (antica città greca sul Bosforo) Costantino insediò la nuova capitale dell'impero che dal 324 d.c si chiamò Costantinopoli.
A seguito di ciò si verificò uno spostamento del potere dell'impero più a Oriente con l'Occidente rimasto facilmente attaccabile dalle popolazioni barbariche.
L'imperatore Costantino si convertì al cristianesimo ed adottò una politica molto tollerante nei confronti dei cristiani dell'impero.
Nel 313 d.c. emanò l' Editto di Milano con il quale si deliberò la libertà di culto nell'impero; l'imperatore intervenne nelle questioni ecclesiastiche per dimostrare che egli era sia capo religioso che politico.
Nel 391, sotto l'imperatore Teodosio, il cristianesimo fu dichiarato religione di stato dell'impero romano ed i culti pagani furono proibiti, anche se sopravvissero nelle campagne e nelle zone dove lo stato romano era meno presente.
Nelle città invece la chiesa riuscì più facilmente a mettere le sue radici; furono create le parrocchie (in latino plebs) al fine di avere luoghi di incontro per i fedeli anche nei luoghi lontani dalle città.
Ben presto gran parte delle città diventarono cristiane ed erano guidate dal vescovo, figura che aveva assunto sia cariche religiose che amministrative.
La chiesa mostrò da subito il suo carattere caritatevole ed ospitale nei confronti dei più deboli (aspetto ignorato dal mondo classico) diventando un istituzione potente in quanto patrono dei poveri.

Agostino - vescovo di Ippona
Alla caduta dell'impero romano, i vescovi furono le uniche figure con un certo "potere" che rimasero al loro posto ed infatti le città si posero nelle mani dei loro vescovi per discutere e negoziare con i nuovi invasori; tra i più importanti possiamo ricordare Ambrogio (vescovo di Milano) e Agostino (vescovo di Ippona).

Dal IV secolo iniziarono i concili (riunioni dei vescovi presiedute dall'imperatore) dove si cominciò a stabilire l'ortodossia del cristianesimo.

Il primo concilio fu quello di Nicea (325 d.c.), presieduto dall'imperatore Costantino, con il quale si condannò l'arianesimo e vennero creati quattro patriarcati: Gerusalemme, Roma, Antiochia e Alessandria.
In questi anni si delineò un'altra figura che reclamava il suo "spazio": il papa ovvero il vescovo di Roma.
Egli era il successore di Pietro e pertanto aveva la facoltà di dirigere l'intera vita ecclesiastica.
Iniziano i primi dissidi sul primato della chiesa di Roma su quella d'Oriente di Costantinopoli, ove il patriarca e l'imperatore rivendicano il diritto di agire indipendentemente dalla chiesa di Roma e dal papa. Nonostante ciò il primato del soglio pontificio venne riconosciuto dai vescovi dell'Europa occidentale sino alla riforma protestante, quando venne messo in discussione.

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